Albania Casa Mia
di e con Aleksandros Memetaj
regia Giampiero Rappa
assistente alla regia Alberto Basaluzzo
produzione Anonima Teatri / Twain Centro Produzione Danza
con il contributo di MiC – Ministero della Cultura, Regione Lazio
Vincitore Premio Museo Cervi – Teatro per la Memoria 2016
Vincitore Premio Avanguardie 20 30 [Bologna]
25 febbraio 1991, Albania. Il regime comunista che per più di 45 anni aveva controllato e limitato la libertà dei cittadini albanesi è ormai collassato. Il malcontento del popolo si esprime con manifestazioni, distruzione dei simboli dittatoriali ed esodi di massa, per primo quello di Brindisi; tanto più che dopo la morte di Enver Hoxha nel 1985 e la caduta del muro di Berlino nel 1989, il focolare della rivolta scoppia a partire da Scutari, divampando poi in tutta la nazione e raggiungendo le città principali: Tirana, Durazzo e Valona. I movimenti politici formatisi (comprendenti soprattutto diseredati, intellettuali e studenti) cominciano ad agitarsi contro il governo.
Le Ambasciate vengono aperte dai rispettivi Paesi e inondate di persone richiedenti asilo. Allora il presidente Ramiz Alia concede il diritto di viaggiare fuori dallo Stato, riaprendo i confini e aprendo all’economia libera. Migliaia di persone cercano di scappare verso l’Occidente partendo dai porti di Valona e Durazzo con navi, pescherecci e gommoni diretti verso l’Italia.
Tra questi c’è anche Alexander Toto, trentenne che scappa da Valona a bordo del peschereccio “Miredita” (Buon giorno) e giunge a Brindisi. In quel peschereccio c’è anche Aleksandros Memetaj, bimbo di 6 mesi.
Albania casa mia è la storia di un figlio che crescerà lontano dalla sua terra natia, in Veneto, luogo che non gli darà mai un pieno senso di appartenenza. Albania casa mia è anche la storia di un padre, dei sacrifici fatti, dei pericoli corsi per evitare di crescere suo figlio nella miseria di uno Stato che non esiste più. È anche la storia del suo grande amore nei confronti della propria terra, di grande patriottismo, di elevazione di alcuni valori che in Italia non esistono più. Quando il popolo piange sangue e si ribella allo Stato, per un gioco controverso dell’animo umano il cuore, pur bagnato di veleno, conserva gli odori, le immagini e i dolci ricordi di una nazione unica, con una storia sofferta e passionale. I destini di Aleksandros Memetaj e Alexander Toto apparentemente lontani si incrociano più volte nella storia fino a creare un’unica corda, un unico pensiero. Finché l’uno diventerà il figlio e l’altro il padre.
Note di regia
Albania casa mia è un testo divertente e commovente di un giovane attore e autore. Ho incontrato Aleksandros Memetaj due anni fa alla scuola di recitazione Fondamenta mentre si stava per diplomare. Dopo aver fatto due mesi di lezione sono rimasto affascinato dalle sue potenzialità espressive. Vedendolo lavorare ho intuito subito che Aleksandros aveva una ferita nascosta e che forse proprio quella ferita era la sua benzina per volere diventare attore. Ci siamo rivisti a fine corso in un bar perché mi interessava sapere del suo passato. Dopo aver ascoltato alcuni episodi della sua vita, ho invitato Aleksandros a scrivere un monologo sulla sua storia e in meno di un mese è nato Albania casa mia. Eravamo d’accordo tutti e due di non volere scrivere uno spettacolo di denuncia sociale. Quello che mi aveva colpito del racconto era la difficoltà che aveva avuto nel cercare una propria identità ma anche il viaggio e l’ostinazione del padre per cercare di garantire un futuro a sua moglie e a suo figlio. Questo rapporto tra padre e figlio è molto forte nel testo e rende la storia universale. Abbiamo lavorato fidandoci del testo, cercando di allontanare ogni forma estetica interpretativa fine a se stessa o inutili patetismi senza musica o luci ad effetto. Ho cercato di mettere Aleksandros nella posizione più scomoda possibile; solo, chiuso dentro i suo confini, quasi in gabbia alla ricerca di un riscatto tramite un racconto che diventa catartico per lui e quindi per noi. La sua azione fondamentale come attore non è solo quella di raccontare il suo passato ma quella di immaginare dentro di sé il desiderio di fare un salto che dopo un’ora di spettacolo gli consentirà di abbracciare il pubblico. Lo stesso salto che i suoi genitori hanno fatto ventiquattro anni fa dopo aver scavalcato un muro di quattro metri e tenendo in mano un neonato di cinque mesi, minacciati da pistole di alcuni poliziotti. Aleksandros durante le prove è stato generoso, instancabile, paziente, orgoglioso, determinato, ottimista proprio come suo padre non appena giunto nel Veneto, contento di lavorare in una pizzeria pur se ingegnere fisico. Albania casa mia è un racconto che può essere un buon antidoto alla depressione e alla crisi che ci viene sbattuta in faccia e con la quale dobbiamo fare i conti ogni giorno. Quel salto dal muro di quei tre essere umani, è un invito a non abbattersi e a non avere paura di ricominciare da capo, anche quando tutto sembra essere perduto.
Giampiero Rappa